Gallo illustra le tesi del Pri al "Riformista"

Presentazione del Congresso a tesi del Pri, dal "Riformista" del 13 novembre 2010

di Riccardo Gallo

Fin dalle prime battute di questa crisi di governo, ancor più che in quelle precedenti, si è percepito che l’attenzione è tutta rivolta alle motivazioni soggettive degli attori, alle loro tattiche, all’alto rischio della posta (direi personale) in gioco. Chi non sarà stato convincente, alla fine della mano di carte uscirà di scena con danno d’immagine duraturo. Perciò da mesi la questione del conteggio dei parlamentari è del tutto assorbente. Il presidente Napolitano ha avvertito però che chiunque sarà chiamato a governare dovrà comunque affrontare una serie di problemi concreti. Il presidente emerito Ciampi ha osservato che da alcuni anni i valori e le istituzioni sono state messe da parte. In un certo senso, a potersi permettere di fare questi richiami restano soltanto quelle personalità che per la loro carica istituzionale non hanno proprie truppe partitiche.

Sembra perciò non sia casuale che tra i partiti soltanto una forza politica piccola, dotata di truppe irrisorie, si possa permettere il lusso di privilegiare o anteporre contenuti e valori alle scelte di schieramento. Questa forza è il Partito repubblicano italiano il quale terrà un congresso nazionale "a tesi", tra un mese, quando la ricerca di soluzioni alla crisi sarà alle battute finali.

L’ultima volta che se ne è parlato, il Pri è stato citato perché il suo segretario ha fatto la conta dei parlamentari che per senso di responsabilità avrebbero potuto dare la fiducia al governo pur militando nelle fila dell’opposizione. Poiché mi è stato chiesto di coordinare l’elaborazione delle tesi da sottoporre al congresso e poiché a settembre ho accompagnato il segretario del Pri all’incontro con il presidente del Consiglio, posso dire che nell’incontro abbiamo chiesto a Berlusconi di inserire nel suo discorso alle Camere un progetto per il recupero futuro della competitività del Paese, che è una delle dieci tesi del congresso repubblicano. E pensare che mi era sembrato anche interessato.

A ogni modo, se non lui chi gli succederà dovrà affrontare il problema del divario di competitività perché, lo sottolinea l’Fmi, è proprio questo divario a limitare la crescita del nostro Paese. E sappiamo bene sulla nostra pelle di imprenditori e lavoratori cosa significhi bassa crescita. L’obiettivo del vertice di Seul di rafforzare la crescita attraverso politiche comuni e condivise non esclude affatto, anzi implica che ognuno dei 20 maggiori paesi risolva a casa sua le rispettive disfunzioni.

Schematizzando, la crescita economica è invocata soprattutto a sinistra, perché si spera che essa sia il presupposto per più occupazione, mentre la competitività è invocata a destra quale presupposto per più esportazioni e più redditività. La tesi del Pri è che la competitività è presupposto della crescita. Se si vuole perseguire l’interesse generale, come può un qualsiasi governo non metterla in cima ai suoi pensieri? Per essere più competitivi, dovremmo fare molta più ricerca e innovazione.

Nel Novecento grandi italiani e grandi imprese fecero grandi cose. Il Paese progredì. Poi abbiamo smarrito la strada. E’ una questione di risorse finanziarie, certo, ma prima ancora è una questione di cultura, ancora più esplicitamente di cultura laica e industrialista, opposta a quella pauperistica. In Italia ci siamo imbarbariti. Questa è un’altra delle tesi repubblicane.

Il rafforzamento della posizione internazionale delle imprese italiane sui mercati esteri, l’abbiamo detto, è fondamentale. Ma è cosa ben diversa e da tener ben distinta dalla gestione degli affari internazionali che deve mirare a rafforzare il ruolo politico del Paese in un’Europa unita ed alleata degli Stati Uniti. Oggi purtroppo il ruolo politico dell’Italia è terribilmente diminuito perché la politica estera è stata delegata di fatto, e in misura rilevante, a sia pur importanti aziende i cui specifici interessi rischiano di prevalere su quelli più generali del Paese. Questa è un’altra delle tesi repubblicane. Ma ce ne sono altre sette...